16 Febbraio 2021

Gaslighting e relazioni: la manipolazione che abbatte le sicurezze

Foto di Dids da Pexels

È un fenomeno di cui si è iniziato a discutere negli ultimi anni, ma in realtà è presente da diverso tempo. Stiamo parlando del gaslighting, ovvero di quelle azioni o comportamenti messi in atto allo scopo di manipolare mentalmente un’altra persona. Il fine ultimo rimane quello di destabilizzare del tutto la vittima che si ritrova a dubitare di ogni cosa, di se stessa e della realtà che la circonda. Vediamo insieme come questo può avvenire e come riconoscere la problematica.


La violenza psicologica può avere molte forme. A partire da quelle che possono sembrare semplici parole di contestazione e messa in dubbio della ragionevolezza dell’altra persona. In estrema sintesi è questo che avviene quando parliamo di gaslighting. Per comprendere la profondità e il grande danno che può apportare questo fenomeno nella vita, nella psiche di chi lo subisce, partiamo dal definirlo.

Il primo elemento essenziale che dobbiamo tenere in considerazione è su cosa si va a concentrare il gaslighting, ovvero la percezione dell’altra persona. Colui o colei che compie la manipolazione ha un obiettivo preciso: abbattere le difese naturali dell’interlocutore fino a farlo dubitare persino di ciò che ha visto, ha detto, ha sentito o percepito. La vittima diviene volta dopo volta sempre più insicura, inizia a dubitare di se stessa e del proprio giudizio.

L’opera continua di vessazione prosegue fino a spingere la persona a pensare di non essere in grado di distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è. In questo stato di prostrazione mentale, per il manipolatore è semplice estendere la propria influenza e autorità sulla persona che inizia a dipendere totalmente da lui o da lei.

Come avviene il gaslighting?

La particolarità del fenomeno del gaslighting è connessa al suo stretto legame con la fiducia personale e con azioni che soprattutto all’inizio appaiono innocue. Piccoli commenti buttati lì dal manipolatore quasi senza darvi peso. O ancora affermazioni dette, azioni compiute per poi essere negate all’infinito. Esempi classici sono perciò frasi quali “sei pazza/o. Te lo sei immaginato. Non ho mai detto/fatto quello che mi stai riportando”. Il repertorio in questo senso può essere molto ampio e passare dallo sminuire costantemente al mettere in dubbio il giudizio dell’altro. Altri emblemi sono infatti “Sbagli sempre, sei il solito/a confusionario/a. Non troverai mai nessuno all’infuori di me.”

Nella pratica possiamo immaginare il gaslighting come un percorso a tappe il cui inizio è sempre soft e reso volutamente quasi impercettibile. In questo stadio la persona è frastornata dai segnali contradditori del manipolatore. Quest’ultimo invia al tempo stesso frecciate e commenti denigratori associati però a riconferme del suo interesse per il bene della vittima. Questo destabilizza la persona che – pur notando l’emergere del problema – si interroga sul fatto che possa essere un semplice fraintendimento della comunicazione interpersonale.

La fiducia spezzata e il diventare dipendenti del gaslighter.

A seguire, con l’approfondirsi della dinamica, il destinatario dei commenti proverà a contrastare questo meccanismo cercando di dimostrare la verità delle sue percezioni adducendo anche molte giustificazioni. Nel tempo però i continui attacchi porteranno la persona a una completa perdita di fiducia in se stessa e nascerà in lei la convinzione di essere in errore. Motivo per cui rinuncerà gradualmente a contrastare il manipolatore e si renderà totalmente dipendente da lui o lei e dal giudizio che questi soggetti esprimono.

A ben vedere dunque il gaslighting si muove su più piani volti a:

  • Far dubitare la persona
  • Destabilizzare le sue conferme
  • Incrinare la sua sicurezza e autostima
  • Isolarla dagli altri suoi contatti
  • Renderla succube del giudizio manipolatorio

In questo modo, chi lo attua sa di poter esercitare il suo potere sulla persona verso cui ha indirizzato gli attacchi. È attraverso questo processo che la vittima perde il suo punto di vista, si sente impotente e accetta la prospettiva dell’altro come unico elemento degno di valore. Quest’ultimo aspetto è un focus importante perché più si perpetua questa svalutazione e più diventa difficile per le persone riconoscere la presenza di una problematica. Un ostacolo che rischia di compromettere la richiesta di aiuto stessa perché la persona arriva a ripetersi “sono io il problema”.


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