dipendenza

18/02/20 Blog # , , , ,

Mindfulness e social media: e se facessimo un digital detox?

Ogni giorno siamo bombardati da milioni di informazioni e trascorriamo una fetta considerevole del nostro tempo su internet o sui social network. Nonostante i benefici che il digitale ha introdotto nella nostra quotidianità, nel corso del tempo sono emersi anche numerosi punti oscuri derivanti da questa full immersion non stop. E se fosse arrivato il momento di concederci un momento di vero relax lontano dagli affascinanti schermi? Scopriamo di più.


Cos’ha a che vedere la pratica della mindfulness con le nostre abitudini digitali? Dopotutto cosa cambia a conti fatti se passiamo tutte le pause con gli occhi sullo schermo del cellulare? È solo un momento, un modo per rilassarci, no? No, o meglio non se una buona parte delle nostre giornate sono scandite da queste attività e nemmeno se trascorriamo ore intere attaccati al feed di Instagram o scrollando la bacheca di Facebook.

Sembra paradossale, ma quello che in origine poteva anche essere nato per staccare la famosa spina dalle incombenze o dai problemi quotidiani ha inconsapevolmente aperto le porte ad altre difficoltà. La questione, infatti, non è tanto lo scagliarsi indistintamente contro qualsiasi innovazione e mezzo digitale. Al contrario tutto nasce dal comprendere che uso, se non abuso, facciamo di questi strumenti all’interno delle nostre giornate.

Social media: è tutto oro quel che luccica?

Photo by David Clode on Unsplash

La domanda di partenza dev’essere allora: che ruolo ricoprono internet in generale – e i social network in particolare – nella nostra vita? Assegniamo loro la giusta importanza senza dare loro un potere spropositato oppure no? Quanto tempo dedichiamo allo scrolling sui nostri smartphone o tablet? Riusciamo a stare almeno alcune ore senza cercare spasmodicamente la connessione?

Se la risposta è no facendo emergere un bisogno continuo e incessante verso i social media o internet possiamo esserne certi: abbiamo un problema di dipendenza e doppiamo correre ai ripari mettendo un freno. Sì, perché insieme ai vantaggi e i benefici introdotti dall’avvento di queste nuove tecnologie sono apparsi anche numerose ombre legate a un uso spropositato delle stesse. L’iperconnessione, le mille informazioni e gli stimoli diversi, il confronto costante a cui è costantemente sottoposto il nostro cervello alla lunga possono infatti arrecare danni seri al nostro benessere psichico.

Le conseguenze di questo stress continuativo possono essere rilevanti. Ecco così comparire una scarsa produttività unita a problemi legati al ciclo di sonno-veglia, per non parlare dell’aumento dei livelli di ansia e dell’insorgenza o dell’aggravamento di stati depressivi. Questi ultimi in particolare sembrano essere direttamente correlati al continuo confronto con vite patinate ed edulcorate da ogni aspetto di realtà.

Staccare la spina per connettersi con il sé.

Cosa fare quindi per invertire la rotta e riappropriarsi non solo del tempo perso, ma anche della nostra salute mentale? La soluzione è prendere le distanze attraverso un digital detox: non eseguire l’accesso né sostare sui social network per almeno 48 ore.

Può sembrare una proposta forte e in parte lo è, ma attraverso questa strategia possiamo riacquistare potere sul nostro tempo e sulla nostra vita. Una boccata d’aria fresca per la nostra psiche che può finalmente rilassarsi scendendo dalla giostra frenetica che sono i social media. Un modo per rallentare il ritmo vivendo più a contatto con la realtà e con il momento presente.

Scollegarci per almeno 48 ore dalla nostra esistenza digitale ci aiuta ad assaporare maggiormente ciò che viviamo offline senza la pressione sociale che vige all’interno della rete. Per un po’ abbiamo la possibilità di dimenticarci della nostra controparte digitale e ci possiamo concentrare su quel che conta davvero: la nostra realtà, le nostre amicizie e relazioni concrete.

Spostiamo, quindi, il focus dalle continue illusioni che ci vengono mostrate e ci impegniamo a porre i giusti confini. In questo modo creiamo l’occasione giusta per ridefinire i contorni di ciò che viviamo e per riconnetterci con il nostro centro annullando le distorsioni cognitive.

Lontani dal giudizio e dall’occhio indagatore del web, senza dover per forza mostrarci a tutti i costi o paragonare il nostro essere con le immagini stupende pubblicate, riscopriamo infine noi stessi e la potenza del reale. Ecco perché impegnarci in un digital detox,  oltre a migliorare la nostra salute mentale, può essere visto come parte integrante di un processo di mindfulness pratica.


Ti è piaciuto l’articolo sul digital detox? Leggi anche questo.

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17/10/19 Blog # , , , , ,

Il buco nero di Fortnite e l’influenza dei videogiochi sulla mente

Un popolare videogioco, Fortnite, un video e milioni di persone ferme a fissare il buco nero che ha inghiottito una galassia virtuale. Incredibile… oppure no? Vediamo insieme le motivazioni dietro al potente fascino che i videogiochi sembrano esercitare su tutti noi.

Forse vi è apparsa tra le notizie degli ultimi giorni, magari ne avete sentito parlare tra una pausa caffè e l’altra oppure avete pensato a uno scherzo escogitato da qualche hacker. Quel che è certo è che non lascia indifferente come news. Stiamo parlando del videogioco Fortnite che, a partire dalla sera di domenica 13 ottobre, è scomparso dalla rete ed è stato sostituito dal video di un buco nero. Che c’è di strano? Perché dare così importanza a questa news?

Quello che ci spinge a parlarne non è tanto il fenomeno in sé, che si tratti di un’audace quanto rischiosa operazione di marketing o di una pausa tecnica per permettere il caricamento di nuove funzionalità ha poca rilevanza. No, quello che colpisce è un dato: milioni di utenti sono rimasti a fissare per ore quel buco nero virtuale che di fatto rende impossibile proseguire nel gioco. Sguardo fisso e spasmodica attesa di un qualche cambiamento, di una variazione, di una spiegazione, di una ripartenza che permettesse loro di poter nuovamente entrare nella galassia immaginaria e procedere con la loro esperienza di gioco.

Sia che siamo appassionati di videogiochi o meno, sicuramente una notizia del genere fa riflettere. A prescindere dall’interesse o meno che possiamo provare per queste attività digitali, infatti, com’è possibile che milioni di persone rimangano in attesa ad aspettare di rivedere online il loro gioco preferito? Qual è il segreto, il fascino nascosto, dei videogame che consente loro di calamitare l’attenzione dei giocatori?

Videogiochi e bisogni: un legame tipicamente umano

Fortnite è l’ultimo caso a cui possiamo attingere e che può fornirci il punto di partenza per una riflessione. Non è però l’unico esempio e non è certamente un quesito nuovo quello che sovviene leggendo una notizia come quella di cui abbiamo appena parlato.

Se è stato Maslow uno dei più importanti studiosi a parlare dell’importanza dei bisogni dell’uomo, dividendoli in primari e secondari nella sua ormai celebre piramide, ci sono stati tuttavia altri psicologi che hanno associato questi concetti a determinati campi. In questo caso, troviamo degli spunti interessanti nelle ricerche condotte da Przybylski che indagando la realtà dei videogiochi, ha individuato un legame notevole tra questi strumenti e la possibilità di soddisfare alcuni bisogni individuali dei giocatori. Nello specifico è stato rilevato che, a seconda del tipo di videogioco scelto, le persone possono trovare un riscontro a bisogno differenti.

A questo proposito, se ricerchiamo autonomia e desideriamo essere artefici del nostro destino ci troveremo in maggiore sintonia con giochi in cui l’obiettivo è costruire un qualcosa o vivere in prima persona un’avventura. Un esempio è dato dal gioco Minecraft. Se, invece, siamo focalizzati sul voler sentirci competenti e sulla possibilità di crescita o progresso allora sceglieremo giochi in cui saremo in competizione contro qualcun altro come nel caso di Fortnite. Da ultimo ma non meno importante, uno dei bisogni che decretano maggiormente il successo dei videogiochi è correlato alla relazione e al senso di appartenenza. Il gioco in questo caso crea un gruppo, ci fornisce uno scopo condiviso con altri e ci fa sentire il legame con questa cerchia accomunata da interessi, linguaggi ed esperienze comuni anche se solamente “online”. Un esempio interessante in questo senso è costituito da giochi come World of Warcraft.

Queste sono solo alcune delle considerazioni che sono alla base del grande successo che continuano a vivere i videogiochi in maniera uniforme in tutto il mondo. Spunti interessanti da tenere a mente per iniziare a comprendere più in profondità il legame tra videogame e persone e i possibili risvolti di queste attività sul nostro comportamento, sulla nostra mente e più in generale sulle nostre relazioni sociali.


Gaming o dipendenza da videogame

Una picola nota riguardo, però, l’uso/abuso dei viedogame. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha riconosciuto tra le nuove forme di dipendenza, il gaming ovvero la dipendenza da videogame. Dal 1° gennaio 2022 sarà inserito nell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, manuale di classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati.

Di seguito una parte dei sintomi più comuni.

Sul piano fisico:

  • Emicrania
  • Affaticamento mentale dovuto all’alto livello di concentrazione
  • Stanchezza oculare
  • Aumento del dolore del Tunnel Carpale
  • Scarsa igiene personale

Sul versante emotivo:

  • Irrequietezza o irritabilità quando non è possibile giocare
  • Preoccupazione costante per il gioco
  • Isolamento sociale
  • Mentire sul tempo trascorso a giocare

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