01/05/23 Blog

7 pilastri della Mindfulness per cambiare prospettiva e approccio

La mindfulness non è un semplice modo per meditare e rasserenarsi. Al contrario è una pratica viva che ci aiuta a cambiare il nostro approccio al presente e alla quotidianità. Perché questo avvenga e ci sia di aiuto nella vita di tutti i giorni ci può allora essere utile conoscere i 7 pilastri della mindfulness.

Tra i primi blocchi che possiamo sperimentare quando ci avviciniamo alla mindfulness possiamo trovare l’idea che questa sia solamente una disciplina meditativa. Come abbiamo visto anche in questo articolo sono molti i pregiudizi che possono allontanarci da questa pratica.

Un aiuto fondamentale arriva invece dal fare conoscenza di questa possibilità in modo esperienziale e ricordando uno degli assunti di Jon Jabat-Zinn. Quest’ultimo ha ribadito più volte un aspetto centrale della mindfulness: la sua dimensione viva. In questo senso possiamo iniziare e allenarci sperimentando i 7 pilastri della mindfulness.

7 pilastri della mindfulness da ricordare e sperimentare

Una delle più grandi innovazioni della mindfulness si collega proprio alla necessità di vivere direttamente e in prima persona questo approccio. Non basta e non occorre acquisire una serie stringente di norme.

Ciò che serve davvero è mettere in pratica una prospettiva differente in cui possiamo sperimentare a livello concreto una modalità di senso nuova. Ecco perché diventa essenziale conoscere i 7 pilastri della mindfulness.

7 fondamenti che sono anche modalità che ci permettono di portare attenzione e consapevolezza al qui e ora. In breve i 7 pilastri della mindfulness sono:

  1. l’assenza di giudizio;
  2. la pazienza;
  3. la mente del principiante;
  4. la fiducia;
  5. l’andare oltre la performance;
  6. l’accettazione;
  7. il lasciar andare.

Guardando ai 7 pilastri della mindfulness capiamo subito come questi siano più delle indicazioni di approccio più che delle regole da seguire. Non esiste quindi un processo preimpostato.

Si crea invece una dinamica fluida che necessita di un allenamento costante. A questo poi si aggiungono sia la nostra apertura sia il desiderio di vedere le cose in maniera diversa.

Ripensando la quotidianità e la pratica mindful in questo modo vengono dunque meno anche le pressioni, le aspettative irrealistiche, l’ansia da prestazione che potremmo provare. A quel punto difatti non si tratti di diventare dei maestri di meditazione, ma di un approccio da vivere e con cui ci alleniamo giorno dopo giorno.

Viviamo e mettiamo in pratica la mindfulness

Vediamo perciò da vicino i 7 pilastri della mindfulness a cui possiamo richiamarci. Il primo è il non giudizio, ovvero la necessità di smettere di aggrapparci costantemente alla critica negativa. Un’attività questa che drena le nostre energie e ci allontana sia dagli altri che da noi stessi.

Associato a questo troviamo la volontà di coltivare la pazienza nella piena consapevolezza che ognuno ha il suo percorso e ogni cosa avviene a suo tempo. La pazienza si lega strettamente anche con altri due pilastri, cioè l’accettazione e la fiducia.

L’accettazione è il principio per cui ci alleniamo ad accogliere la realtà delle cose esattamente com’è in questo momento, nel qui e ora. Nella pratica vuol dire che ci alleniamo ad accettare ciò che viviamo senza giudizio. Smettiamo di fissarci sul fatto che vorremmo che la quotidianità fosse diversa e operiamo vivendo appieno il nostro presente qualunque esso sia.

Il pilastro della fiducia ci sostiene invece permettendoci di vivere le esperienze e la nostra dimensione personale con più serenità e positività. Attraverso la fiducia acquisiamo la consapevolezza che noi valiamo. Avanziamo inoltre sapendo che ci sarà sempre del bene ad attenderci e in quello che viviamo. Per certi versi quindi è un allenamento alla speranza.

Nessun cambio di prospettiva poi può essere slegato dalla mente del principiante che si nutre di gioia e curiosità. Da ultimo infine quando ci rifacciamo ai 7 pilastri della mindfulness dobbiamo allenarci a lasciar andare. Pilastro che si connette anche al non vivere tutto come una competizione o come una performance e che ci chiede di fluire con la realtà.

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01/05/23 Blog

Fresh start effect: i nuovi inizi come carburante per la motivazione

I nuovi inizi ci regalano da sempre una rinnovata energia, speranza e voglia di metterci in gioco. Quando questo avviene stiamo sperimentando su di noi l’onda potente di un fenomeno noto come fresh start effect. Che cos’è e soprattutto come ci può essere di aiuto? Scopriamolo insieme.

Cos’hanno in comune capodanno, il primo giorno di un nuovo anno scolastico o di un nuovo lavoro, l’arrivo della bella stagione, il nostro compleanno? Sono tutte date che associamo alla possibilità di un cambiamento, a un nuovo inizio.

Nuovo inizio reale o metaforico, non fa poi molta differenza. Il punto essenziale è che ci immaginiamo di dare il via a un nuovo capitolo della nostra vita, a una nuova quotidianità. Di riflesso crediamo e immaginiamo di essere dei nuovi noi.

Tutto questo è merito di un fenomeno che in psicologia prende il nome di fresh start effect. Fenomeno che ci ricorda quanto certi giorni e i nuovi inizi possano essere preziosi e potenti per rafforzare la nostra motivazione interna.

Che cosa vuol dire Fresh start effect?

A ognuno di noi nel corso della vita può essere capitato di fare i conti con i buoni propositi. Di frequente ne parliamo pensando a quanta strada abbiamo o non abbiamo fatto, a quanti risultati abbiamo raggiunto a meno in riferimento a quella lista famigerata.

Questo ci porta a soffermarci proprio sul fresh start effect. Con questa etichetta facciamo riferimento a una possibilità che può sostenerci anche quando siamo alla ricerca di un incremento di motivazione.

Il fresh start effect infatti equivale a quel boost di energia, positività e voglia di fare che possiamo riscontrare in concomitanza a un nostro nuovo inizio. È così che possiamo sperimentare dei benefici interessanti in particolare quando ci avviciniamo a date significative come:

  • capodanno;
  • l’inizio della primavera e/o dell’estate;
  • il primo di settembre;
  • il nostro compleanno.

Anche gli anniversari possono rivestire un ruolo speciale all’interno della nostra vita e regalarci un nuova fiammata di motivazione. Tra le date importanti possiamo allora guardare ad anni ritenuti importanti come la maggiore età.

O festeggiare cifre particolari come i trent’anni, i quaranta, i cinquanta e gli ottanta. Allo stesso modo possiamo collegare il fresh start effect anche al raggiungimento di traguardi che riteniamo significativi a livello personale e professionale come:

  • laurea;
  • matrimonio e/o fidanzamento;
  • nascita dei figli;
  • cambio di lavoro;
  • pensionamento.

Come un nuovo inizio fa bene a noi e alla nostra motivazione.

Quando avviene il fresh start effect ciò che otteniamo è dunque proprio la possibilità di avere più motivazione, energia e determinazione nel perseguire i nostri obiettivi o desideri.

Ciò spiega perché può essere utile nella vita di tutti i giorni agganciarci a questo fenomeno. Grazie a questa energia difatti abbiamo l’occasione di:

  • aumentare le nostre probabilità di successo;
  • sentirci più efficaci;
  • avvicinarci al cambiamento che desideriamo.

Nella pratica perciò il fresh start effect lavora per noi e ci permette di avere più forza nel perseguire i nostri interessi e obiettivi. Se ci sentiamo persi, senza speranze o demotivati allora ricollegarci a nuovi inizi, date significative e/o create appositamente ci può fornire una spinta considerevole.

Cosa fare però se non siamo vicini a una data celebrativa importante a cui collegarci? Nessuna paura, possiamo essere noi a decretare quello che prende il nome di segnaposto o punto di riferimento temporale.

Perché possiamo attivare il nostro personale fresh start effect infatti ci basta essere consapevoli che sta avvenando un cambio di passo, una rinascita significativa per noi. Motivo per cui a volte possiamo persino collegarci all’inizio della settimana che arriva o al giorno successivo a un evento, un viaggio, un periodo complicato.

Quel lunedì, quel giorno successivo infine assumeranno per noi la valenza di un capodanno personalissimo perché rappresenteranno il momento in cui stabiliremo l’esistenza di un prima e di un dopo.

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06/04/23 Blog

Sindrome di Cassandra: quando le nostre profezie ci fanno autosabotaggio

A tutti noi capita di immaginare il futuro e di tentare di prevedere come andrà. A volte però quelli che tendiamo a creare sono pronostici negativi che rischiano poi di ingabbiarci e sabotarci. Quando questo accade potremmo essere vittime della sindrome di Cassandra. A che cosa fa riferimento questa tendenza e soprattutto come ci danneggia?

Immaginare è un’attività tipica di noi esseri umani. Siamo portati per natura a fare pronostici e previsioni su quel che avverrà, sulla nostra vita. Cosa succede però se nel pensare al futuro ci lasciamo trasportare unicamente da una visione negativa e dal pessimismo?

In questo caso può allora capitare di sperimentare quella che è stata definita come la Sindrome di Cassandra. Una tendenza questa per cui le nostre previsioni sono sempre all’insegna del catastrofismo e ci convinciamo che per forza di cose andrà tutto male.

Quelle profezie negative che diventano una maledizione

Profetessa Cassandra

Il primo punto per spezzare un circolo vizioso è diventare consapevoli di quel che accade e di come noi ci approcciamo agli eventi. Solo in questo modo difatti abbiamo poi la possibilità di cambiare le dinamiche comportamentali e le strategie che siamo abituati a mettere in atto.

Ecco perché un passo fondamentale per la nostra crescita personale e per il nostro benessere è conoscere quello che avviene quando incappiamo nella Sindrome di Cassandra. L’etichetta stessa ci racconta molto di quella che è la nostra problematica quando tendiamo a formulare unicamente profezie negative.

La sindrome prende il nome dalla figura della profetessa Cassandra di cui può allora esserci utile ricordare il mito. La giovane difatti vide tramutare il dono della profezia in una vera e propria maledizione.

Cassandra rifiutò il dio Apollo che la punì facendo in modo che nessuno credesse più alle sue parole per quanto veritiere e utili. La donna quindi continuò a prevedere il futuro ma senza che nessuno ascoltasse i suoi moniti e consigli.

Come nel mito perciò se siamo alle prese con la sindrome di Cassandra, accade che noi per primi non crediamo nelle nostre capacità e possibilità. Nella pratica diventiamo i nostri primi e più grandi detrattori.

Rischiamo inoltre di tessere a ritmo continuo profezie negative sulla nostra vita. Profezie che poi si auto-avvereranno – anche a causa di queste nostre convinzioni negative – e alimenteranno il circolo vizioso di:

  • pessimismo,
  • scarsa fiducia;
  • bassa autostima;
  • negatività.

Come ci danneggia la sindrome di cassandra?

Il primo a parlare della Sindrome di Cassandra fu Gaston Bachelard nel 1949. Con questa espressione dunque il filosofo volle fare riferimento a uno stato preciso in cui noi tendiamo ad auto-sabotarci e sminuirci.

Lo facciamo creando previsioni negative sul nostro futuro e sulle nostre possibilità partendo anche dalla convinzione di non essere in grado né meritevoli di fiducia. Partendo da questo presupposto diamo vita a un circolo vizioso in cui:

  1. Non credo in me stesso e mi sminuisco.
  2. Penso che “non ce la farò mai, non ne sono in grado, andrà tutto male”.
  3. Mi rapporto agli eventi sulla base di questa distorsione cognitiva.
  4. Le cose assumono davvero una piega negativa ai miei occhi perché non credo in ciò che faccio né nelle mie potenzialità.
  5. Mi convinco della validità della mia profezia negativa e prendo l’esperienza fallimentare come prova del mio scarso valore.

Questo processo ci porta allora a comprendere quanto frustrante e problematico possa essere vivere approcciando la realtà sulla base di questo filtro. Quando siamo vittime della sindrome di cassandra infatti:

  • sminuiamo noi stessi e il nostro valore/merito;
  • ci convinciamo del nostro futuro fallimento che ai nostri occhi è certo;
  • sabotiamo le nostre opportunità;
  • rinunciamo in partenza a proporci e a provare.

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23/03/23 Blog

Distorsioni cognitive: come leggiamo la realtà fa la differenza

Siamo abituati a pensare di avere uno sguardo oggettivo sulle cose e sulla nostra quotidianità. A ben vedere però ogni nostra esperienza ed emozione è influenzata da quel che pensiamo, dagli schemi che abbiamo interiorizzato. In questo senso ci può essere di aiuto conoscere le distorsioni cognitive che possiamo stare applicando anche inconsciamente.

La nostra esperienza e come noi percepiamo il nostro vissuto è di frequente frutto di un insieme di fattori. Una combinazione questa che raramente ci fa essere del tutto oggettivi nei confronti di quanto viviamo in prima persona. Ciò è dovuto anche ad alcuni particolari fenomeni con cui ci troviamo spesso a fare i conti e che prendono il nome di distorsioni cognitive.

Siamo talmente immersi nei nostri pensieri e nel nostro dialogo interno da avere difficoltà a volte a riconoscere questi meccanismi. È proprio però dall’iniziare a prestare attenzione a queste dinamiche che possiamo ricercare un maggiore equilibrio psicofisico e sviluppare il nostro benessere psicologico.

Come guardiamo la realtà può aiutarci o limitarci

Quando ci approcciamo alla realtà – senza che ne siamo nemmeno del tutto consapevoli – formuliamo molteplici pensieri. Pensieri che si compongono di frequente anche di:

  • Percezioni;
  • Giudizi;
  • Aspettative;
  • Emozioni;
  • Ricordi o esempi del passato.

Già da questa semplice considerazione possiamo comprendere come la nostra esperienza non sia mai del tutto libera e oggettiva. L’unione di questi fattori ci può infatti portare a leggere ciò che viviamo usando le distorsioni cognitive.

Queste sono degli automatismi e delle semplificazioni del pensiero che applichiamo quando dobbiamo confrontarci con le informazioni. Conosciute anche come bias cognitivi, le distorsioni prendono la forma di schemi mentali che dovrebbero aiutarci nell’interfacciarci con la realtà.

Possiamo difatti vederle come delle etichette speciali che potrebbero velocizzare il processo di analisi, comprensione e risposta agli stimoli quotidiani. Nella pratica però spesso queste stesse etichette si trasformano in modelli di pensiero che alterano in negativo la percezione dell’esperienza che stiamo vivendo.

Un’alterazione che ci porta di conseguenza a leggere in modo distorto e nefasto ciò che stiamo vivendo. La distorsione cognitiva piò assumere molte facce a seconda di ciò che poi produciamo come pensiero finale.

L’elemento che le accomuna in ogni caso è il fatto che ci impediscono di essere oggettivi spingendoci a una lettura falsata della realtà. Lettura falsata che depotenzia la nostra possibilità di espressione autentica e che nutre il nostro dialogo interno negativo.

È questa dinamica che rischia di generare un circolo vizioso che alimenta ulteriormente il nostro malessere trattenendoci inoltre in questa fase di stasi negativa.

Alcuni esempi di distorsioni cognitive

Arrivati a questo punto potremmo chiederci se abbiamo già avuto a che fare con i bias cognitivi. Nella vita di tutti i giorni, dunque, che forma assumono le distorsioni cognitive? Nella quotidianità potremmo ad esempio dover fronteggiare:

  • L’astrazione selettiva;
  • Il ragionamento emotivo;
  • La lettura del pensiero;
  • La personalizzazione;
  • Il pensiero polarizzato;
  • La minimizzazione;
  • La massimizzazione

Vediamo insieme in breve che cosa vogliono dire alcune di queste distorsioni cognitive. Quando ci confrontiamo con l’astrazione selettiva ci concentriamo solamente su alcune informazioni e percezioni ignorando tutto il resto. Ciò vale per il contesto così come per altri dati che potrebbero anche confutare determinate convinzioni.

Se attuiamo la lettura del pensiero invece siamo convinti di sapere esattamente quello che le altre persone stanno pensando o dicendo su di noi o su un certo evento.

Proseguendo se ci imbattiamo nella minimizzazione tenderemo a minimizzare ogni discorso positivo che ci riguardi. È questo il caso che avviene quando tendiamo a sminuire i complimenti ricevuti di frequente secondo due modalità. Nella pratica, sostenendo che:

  • non abbiamo meriti nell’aver raggiunto un certo risultato;
  • è tutto frutto della fortuna.

Sul fronte opposto potremmo anche attuare la massimizzazione dove ingigantiamo i meriti, i successi delle persone a cui guardiamo. Il punto di arrivo è allora l’affermazione per cui noi non saremo mai in grado di essere così né all’altezza di quelle persone.

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08/03/23 Blog

Diario della gratitudine: un esercizio per riscoprire la felicità

Nella vita di tutti i giorni può capitare di entrare in un loop di pensieri negativi. Impegni, preoccupazioni, incombenze ci possono far dimenticare la bellezza e la gioia che sono nelle nostre giornate. Iniziare un diario della gratitudine può allora aiutarci a riappropriarci di uno sguardo differente sulla realtà. 

Le nostre vite sono piene di eventi, incontri, scelte che contengono i semi di una grande felicità. Piccoli o grandi momenti quotidiani che arricchiscono le nostre giornate e che possono donarci gioia. Purtroppo di frequente finiamo per perdere di vista questa prospettiva.

Ci dimentichiamo o finiamo per dare per scontato tutto quello che di buono abbiamo già. È così che in breve ci concentriamo sempre e solo su quello che ci manca, su quello che non abbiamo o che ci è stato tolto. Un’opzione questa che nel tempo ci porta a vedere tutto grigio, a perdere la speranza e il sorriso.

Ecco perché può esserci utile allenare la nostra capacità a vedere le cose in maniera diversa. Per farlo possiamo provare con un esercizio semplice quanto potente, ovvero con il diario della gratitudine.

Gratitudine e mindfulness: un legame fatto di presenza.

Di gratitudine e della sua importanza ne abbiamo parlato diverse volte. Ad esempio ne puoi leggere anche qui. A ben vedere questa possibilità ci riporta indirettamente, ma neanche troppo, ai concetti cardine della pratica mindfulness. Se guardiamo in profondità infatti essere grati vuol dire innanzitutto essere presenti a noi stessi e alla nostra realtà.

Solo esercitando la consapevolezza e la presenza attenta nel qui e ora possiamo di conseguenza cogliere i doni che ci vengono offerti. Al contrario se siamo immersi in routine frenetiche, se ci preoccupiamo senza sosta è davvero difficile che possiamo accorgerci del bello che è già presente.

Questo spiega perché se vogliamo possiamo vedere la gratitudine come un’altra benefica abitudine mindful. Allenarci a riconoscere e raccogliere questi momenti è dunque non solo una possibilità utile, ma può trasformarsi in una pratica di consapevolezza. Motivo per cui scegliere di iniziare un diario della gratitudine può essere l’occasione perfetta per far entrare la mindfulness nelle nostre vite.

Foto di Gabrielle Henderson su Unsplash

Come iniziare il nostro diario della gratitudine.

Perché proprio un diario della gratitudine? Le potenzialità di questo esercizio si collegano proprio anche alla sua ripetizione. Per quanto possa esserci di aiuto guardarci sporadicamente intorno alla ricerca del bene che abbiamo, non basta farlo solo una volta e mai più.

I benefici maggiori li possiamo infatti ottenere reiterando la pratica nel corso del tempo fino a farla diventare se possibile quotidiana. Dopotutto possono volerci anche solo 5 minuti attenti per iniziare a portare la nostra attenzione sul bello che ci circonda.

Come possiamo iniziare il nostro diario della gratitudine? Ci basta davvero poco per dare il via a questa abitudine benefica. Se vogliamo possiamo acquistare un diario apposito, in alternativa può andare benissimo qualsiasi quaderno.

Il consiglio è comunque scegliere un supporto che ci piaccia, un qualcosa che comunque stimoli vibrazioni e sensazioni positive quando lo utilizziamo. Un piccolo stratagemma questo che ci stimolerà a utilizzare il diario della gratitudine con più costanza.

A seguire, selezionato lo strumento, prendiamoci un quarto d’ora meglio se la sera in cui staccare da tutto. Dedichiamo quei minuti a ripensare alla nostra giornata. Ripercorriamo gli eventi, gli incontri, i luoghi che hanno fatto parte di quel tempo. Chiediamoci:

  • Cosa mi ha colpito?
  • Di cosa sono grato?
  • Che cosa mi ha fatto sorridere?
  • Cosa mi ha dato un attimo di sollievo o di gioia se mi sentivo sopraffatto?

Guardando alle domande, scriviamo su carta i nostri motivi di gratitudine. Ricordiamoci che non ci sono standard né limiti da rispettare. Siamo noi a stabilire se e come quella cosa ci fa sentire grati. Allo stesso modo siamo noi a scovare le ispirazioni che possono arrivare da ogni dove e in ogni momento.

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25/02/23 Blog

Abitudini mindfulness per vivere con meno ansia

La mindfulness è una pratica viva. Un approccio diverso che può aiutarci a ritrovare la calma e la serenità nella vita di tutti i giorni. Vediamo insieme alcuni suggerimenti pratici che possiamo integrare nella nostra quotidianità per sostenere il nostro benessere psicofisico.

Quando iniziamo ad avvicinarci alla mindfulness c’è un aspetto che più di tutti gli altri può colpirci e che dobbiamo tenere a mente. La pratica per essere davvero trasformativa deve poter entrare nella nostra quotidianità.

Il cambiamento vero e profondo a cui aspiriamo arriva infatti quando integriamo questo approccio nella nostra routine. Parliamo di pratica dopotutto, di qualcosa che è da sperimentare e vivere. La mindfulness non può e non deve rimanere staccata dalla realtà con cui ci confrontiamo giorno dopo giorno.

Al contrario essa mostra i suoi benefici, a livello psicologico e non, proprio quando diventa parte di ciò che facciamo. Motivo per cui può esserci utile guardare ad alcuni semplici suggerimenti di attività da inserire nella nostra vita consueta.

Foto di Sid Leigh su Unsplash

Vivi la mindfulness tutti i giorni

Questo è un cambio di prospettiva che sembra piccolo ma che in realtà è potentissimo. Ciò è dovuto al fatto che da pratica d’élite o quasi di lusso, la mindfulness si trasforma in una compagna del nostro vivere quotidiano.

In questo senso non dobbiamo spaventarci o preoccuparci dell’impegno che ci vogliamo assumerci. Non è un problema perché partendo da questo punto di vista differente scopriamo quanto le pratiche mindful possano essere semplici, minuscole eppure al tempo stesso potenti. Motivo per cui non ci occorrono strumenti o accessori speciali, non servono spazi infiniti o stanze perfettamente arredate.

Non serve nemmeno avere interi pomeriggi o serate da dedicare esclusivamente alla pratica meditativa. Quel che serve davvero è solo l’intenzionalità e la volontà di metterci in gioco dedicandoci pochi istanti in cui tornare a noi. Attimi in cui darci l’opportunità di connetterci con il nostro centro osservando i nostri pensieri, accogliendoci in profondità senza giudizio e lasciando scorrere.

Piccole abitudini mindful per sperimentare il benessere.

Perché può esserci utile far diventare la mindfulness un’abitudine? È semplice. Più ripetiamo determinate azioni, più integriamo questo approccio nella vita di tutti i giorni e più possiamo sperimentare un cambiamento sostanziale.

Passo dopo passo, nella nostra quotidianità si inserisce uno sguardo più sereno. Una visione più aperta, compassionevole, che alimenta la calma e la consapevolezza.

Facendo nostra questa prospettiva dunque possiamo ridurre l’ansia e le tensioni. Al tempo stesso possiamo riappropriarci della nostra giornata gustando appieno quanto stiamo vivendo. Come possiamo farlo all’atto pratico?

Partiamo innanzitutto dalla pratica dell’auto-osservazione. Mettiamoci in ascolto di noi stessi. Chiediamoci spesso:

  • Cosa sento in questo momento?
  • Quali emozioni mi stanno attraversando?
  • Cosa mi ha fatto reagire in un certo modo?
  • Qual è il significato profondo dietro quella mia sensazione?

In questo senso un esercizio che si rivela davvero utile è il body scan. Ricordiamoci poi della self-compassion. Accogliamoci in profondità mettendo da parte il giudizio e pratichiamo la compassione verso noi stessi oltre che verso gli altri.

Alleniamo la consapevolezza e la presenza verso il qui e ora. Preferiamo quindi il mono-tasking concentrandoci sul momento presente e sulla singola azione che stiamo compiendo. Se possibile organizziamo la nostra giornata snellendo il più possibile la nostra lista delle cose da fare. Evitiamo di sovraccaricarci di impegni e attività così da riscoprire un tempo più rilassato.

Quando abbiamo possibilità ritagliamoci pochi minuti per sperimentare con il journaling e la scrittura. Lasciamo fluire i nostri pensieri senza forzature, svuotiamo la nostra mente sulla carta liberandoci di tutto ciò che ci appesantisce o ci blocca.

Impariamo a respirare. Le pratiche legate alla respirazione consapevole sono molteplici e tutte possono rivelarsi di grande aiuto. Un supporto questo che ci permette di riportare la serenità quando ci sentiamo sopraffatti dalle corse quotidiane e dalle pretese esterne.

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08/02/23 Blog

Home nesting: la nostra casa si trasforma nel nostro nido

La casa è da sempre un luogo speciale. Al giorno d’oggi, soprattutto a seguito della pandemia da Coronavirus, lo è diventato ancora di più. Una tendenza questa che ha portato a delineare un fenomeno nuovo e antico insieme: l’home nesting. Cosa vuol dire quest’etichetta e che implicazioni ha nel nostro quotidiano? Scopriamolo.  

È incominciato tutto con la pandemia da Coronavirus, ma forse era un desiderio e anche un bisogno che ci portavamo nel cuore da tempo. Di cosa parliamo? Della voglia di vivere di più la nostra casa e adibire quello spazio alla condivisione, all’incontro con i nostri affetti più intimi. Questa tendenza ha preso il nome di home nesting aprendo un nuovo capitolo della percezione degli effetti con cui ci confrontiamo a seguito del Covid-19.

Sì, perché almeno sotto questo unico punto di vista potremmo valutare questo fenomeno persino come positivo. Dopotutto stiamo assistendo a una vera e propria rivalutazione del tempo e degli spazi “casalinghi”. Uno stacco netto questo se pensiamo a come finora sia stato esaltato come vincente e desiderabile lo stare fuori casa h24, il lavorare e correre perenni saltando da un impegno all’altro. Ma cosa significa davvero home nesting?

Che cos’è l’home nesting e che cosa vuol dire per noi

Guardando alla dicitura home nesting ci accorgiamo subito che è composta da due concetti che diventano centrali. Da un lato troviamo home ovvero casa nel senso più caldo ed emozionale del termine, dall’altro poi abbiamo un rimando a nest cioè il nido. Combinando queste due parole quindi possiamo intendere l’home nesting come quel fenomeno per cui la nostra casa si trasforma nel nostro nido.

Quella che è emersa nel corso degli ultimi tre anni è dunque una tendenza che in parte ci accumuna tutti. Sotto questo profilo difatti investiamo sempre più energie, tempo e risorse nel rendere ancora più accogliente la nostra casa. Se già prima consideravamo la nostra abitazione come uno spazio “sacro” da preservare e rendere nostro, adesso vi è un’enfasi ulteriore su questo processo.

È così che nel nostro immaginario la casa diventa un nido. Nido da vivere, da accudire affinché sia un rifugio sicuro e accogliente, da condividere. Seguendo la visione dell’home nesting quindi:

  • passiamo più tempo nelle nostre stanze;
  • scegliamo di investire in arredi e/o progetti per la casa;
  • organizziamo eventi, passatempi, incontri all’interno del nostro “nido”.

Casa+nido = una possibilità o una gabbia?

Di per sé l’home nesting, ovvero vedere la nostra casa come un nido presenta una serie di aspetti di valore e positivi. Uno fra tutti la possibilità di vivere in maniera differente sia gli spazi sia i tempi e le relazioni della nostra quotidianità. Grazie a questa nuova percezione dopotutto abbiamo l’occasione di introdurre nelle nostre giornate un approccio più sereno e umano fatto di presenza oltre che di consapevolezza e lentezza. In breve sperimentiamo uno sguardo più mindful sulle cose e sulla realtà.

Come in ogni ambito e situazione esiste anche un contro, ovvero il rischio di estremizzare questa prospettiva. Da questo punto di vista infatti potremmo affrontare qualche difficoltà se ci accorgiamo di sentirci al sicuro solo dentro casa. Ecco che in quel caso rischiamo di non vivere più l’home nesting ma di confrontarci con la sindrome della capanna. A quel punto il nostro spazio da nido accogliente si trasforma in una gabbia che ci limita in ogni aspetto.

Potremmo allora aver paura sia a uscire dalla nostra solita zona sia a pensare di allontanarci di molto o per tanto tempo. Condizione questa valida persino per incombenze importanti o per il lavoro. Ecco perché è necessario che poniamo attenzione al nostro approccio ricercando un equilibrio. Opzione questa che possiamo percorrere bilanciando la voglia di godersi il nostro nido con la necessità di esplorare la realtà esterna.

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08/12/22 Blog

Mindfulness e meditazione: perché iniziare a praticarle

Voler vivere con più serenità e focus le proprie giornate è un bisogno oltre che un obiettivo che accomuna moltissime persone. In questo senso ci possono aiutare la mindfulness e le tecniche di meditazione. Vediamo i benefici che possiamo ottenere e perché ci fa bene integrare queste pratiche nella nostra routine.

Abbiamo parlato diverse volte di che cos’è la mindfulness. A volte però può esserci utile ricordare il perché possiamo trarre beneficio da questa pratica quando scegliamo di integrarla nella vita di tutti i giorni. Il bisogno di serenità e di maggiore calma unitamente a una più alta consapevolezza è una richiesta concreta con cui ci confrontiamo ogni giorno.

Sia per le pretese sempre più impellenti di una società frenetica sia per un sentire che ci chiama dal profondo siamo in cerca più che mai di uno spazio solo nostro. Un rifugio che ci permetta di mettere il mondo e l’ansia in pausa per poi permetterci di gustare pienamente ciò che viviamo.

Troppo spesso dimentichiamo o reprimiamo le nostre emozioni così come i nostri bisogni più autentici in favore di una produttività e di una performance che vorremmo credere infinite. Non è così e ne abbiamo la prova ogni volta che ci sentiamo distrutti, esausti, arrabbiati o frustrati nel dover gestire le incombenze e le pressioni che arrivano dall’esterno.

Photo by Lina Trochez on Unsplash

Mindfulness: non una ricetta magica, ma una grande alleata

È proprio all’interno di uno scenario come quello appena descritto e che viviamo nel quotidiano con nervosismo, preoccupazione e insoddisfazione che si inserisce la mindfulness. Quest’ultima non è una ricetta magica contro tutte le problematiche che viviamo nel presente né può essere una panacea contro una vita che non si soddisfa.

È però un aiuto validissimo che ci permette di riprendere consapevolezza di ciò che proviamo a livello corporeo e psico-emotivo. Grazie alla mindfulness abbiamo l’occasione di dedicarci del tempo di qualità che ci aiuta ad ampliare il nostro sguardo. Durante la pratica e anche a posteriore facciamo esperienza di uno stato di calma rinnovata. Una possibilità che ci supporta in una triplice veste. Attraverso la mindfulness ci alleniamo a:

  • stare nel presente;
  • riconoscere gli stati emotivi che viviamo;
  • portare la calma e la presenza anche a posteriori nei gesti che facciamo.

Sommando questi aspetti è chiaro quanto possa esserci di supporto all’atto pratico sia il meditare sia il dedicarci alla mindfulness. I benefici possono ricadere a cascata su un’ampissima serie di ambiti della nostra vita.

I vantaggi che possiamo ottenere iniziando a meditare

Sono gli stessi benefici della mindfulness a mostrare il perché dovremmo iniziare fin da subito a dedicarci a questa pratica con la massima costanza. Nella quotidianità grazie alla meditazione e alle tecniche di consapevolezza possiamo:

  • ridurre sensibilmente lo stress che viviamo;
  • gestire meglio i conflitti, gli imprevisti e le pressioni che arrivano dall’esterno,
  • limitare e contenere la ruminazione mentale;
  • comprendere e accettare le emozioni che attraversiamo;
  • rafforzare la nostra autostima abbracciando maggiormente il nostro corpo;
  • riconoscere le fasi che viviamo e riconnetterci alla calma interiore.

Guardando da questa prospettiva poi abbiamo l’occasione di rafforzare le nostre capacità mnemoniche e di concentrazione. Due aspetti questi fondamentali al giorno d’oggi in quanto sono alla base del raggiungimento degli obiettivi che ci prefissiamo. Non a caso difatti la mindfulness visti i suoi vantaggi è ormai richiesta anche in ambiti quali la scuola primaria, le università, le aziende.

Dopotutto questa pratica aiuta le persone proprio a gestire meglio lo stress e a diventare più consapevoli delle proprie risorse incrementando l’efficacia personale. Aspetto questo che si combina anche con l’abilità di gestire le proprie emozioni e di attuare comportamenti assertivi.

Ciò si traduce nella capacità di ciascuno di non reagire semplicemente a caldo e sull’onda dell’impulsività rischiando di produrre ulteriori danni o conflitti. Al contrario anche per mezzo della mindfulness possiamo quindi infine prendere consapevolezza, accogliere il nostro momento e agire favorendo la risoluzione pacifica di una problematica.

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20/11/22 Blog

Esercizio della calma contro lo stress della vita quotidiana

Lo stress può limitare di molto la nostra qualità della vita. Per cercare di migliorare la gestione di questa problematica possiamo sperimentare attraverso l’impiego di alcune pratiche. Una di queste è rappresentata dall’esercizio della calma. Possibilità che ci consente di dedicare pochi minuti al recupero del nostro stato di equilibrio e benessere.

Ormai è assodato: lo stress che sperimentiamo quotidianamente ci può danneggiare in profondità precludendoci la possibilità di vivere con serenità. All’atto pratico cosa possiamo fare per arginare questa situazione e riprendere possesso di quei momenti?

Da questo punto di vista ci può essere di grande aiuto sperimentare attraverso l’impiego di una tecnica speciale, ovvero l’esercizio della calma. Il nome stesso ci riporta all’obiettivo che ci stiamo prefissando.

Calma vs stress: viviamo a ondate, non su una linea fissa

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selective focus photography of orange and brown falling maple leaves

Prima di vedere insieme come funziona l’esercizio della calma può esserci utile soffermarci su una considerazione. Siamo portati a immaginare il nostro stato d’animo e i nostri pensieri come un lago: una superficie piatta e tranquilla, senza movimenti. Desideriamo infatti vivere una situazione di armonia e pace perfetta oltre che perenne.

I nostri pensieri, le nostre emozioni e persino i nostri momenti però sono più paragonabili a onde. Un fatto questo che vale per tutti. Anche la persona che appare come la più calma del mondo ha e avrà istanti in cui potrà provare rabbia, tristezza, frustrazione, gioia, entusiasmo, ansia. Non c’è nulla di male in questo anzi è parte della nostra esperienza concreta nella vita di tutti i giorni.

Quello che ci può fare male e indebolire anziché rafforzarci è il pensare di dover arrivare a uno stato completo e immutabile di massima calma. Anche quando pratichiamo la mindfulness non dobbiamo prefissarci come obiettivo la completa tranquillità di pensieri ed emozioni.

È irrealistico pensare di poter essere una tela bianca senza preoccupazioni o senza un’alternanza di istanti diversi. Coltivare un’immagine idealizzata di questo genere rischia dunque di frustrarci ulteriormente facendoci sentire inadeguati rispetto alla realtà. Quello che possiamo mettere in atto è invece un allenamento, una sperimentazione per vivere con più tranquillità le nostre giornate. Allo stesso tempo potremmo comunque sperimentare ancora quelle sensazioni negative che ci possono mettere in difficoltà.

Come funziona l’esercizio della calma

Dopo questa premessa passiamo alla pratica e scopriamo come sperimentare con l’esercizio della calma. Possiamo dedicarci a questa tecnica la mattina appena dopo la sveglia oppure la sera prima di andare a dormire. Possiamo inoltre affidarci a essa in ogni momento in cui ci sentiamo particolarmente in balia dell’ansia, della rabbia, della frustrazione e del nervosismo.

Se possibile ritagliamoci pochi minuti in solitudine: in una stanza lontano da occhi indiscreti, in bagno o al bisogno anche stando semplicemente alla scrivania. Chiudiamo gli occhi o concentriamo lo sguardo su un oggetto presente nella stanza e che colpisce la nostra attenzione. Troviamo una posizione comoda per il corpo che dobbiamo sentire il più possibile comodo e a suo agio.

A questo punto concentriamoci sulla respirazione. Facciamo lunghi respiri prendendoci il tuo tempo per vivere ogni inspirazione ed espirazione. Quando inspiriamo immaginiamo una luce dorata o bianca che entra in noi. Essa ci nutre di energia, di cose belle, di tranquillità e sicurezza. Quando espiriamo immaginiamo invece di buttare fuori tutte le negatività, le cose che ci hanno ferito o innervosito, tutto ciò che ci angustia. A ogni espirazione immaginiamo proprio di allontanarci materialmente dalle emozioni che ci stanno mettendo in difficolta.

Ripetiamo questa respirazione anti-stress per diversi minuti e nel mentre mentalmente o a bassa voce diciamo “la calma è con me”. Possiamo provare anche con “io sono sereno e al sicuro, va tutto bene.” O con qualsiasi frase che associamo allo stato di tranquillità a cui aspiriamo. Quando sentiamo di aver superato l’onda di stress e di ansia del momento o quando ci sentiamo più in equilibrio concludiamo riprendendo con le attività consuete. 

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10/11/22 Blog

I confini: cosa sono e perché ne abbiamo bisogno

La tutela del nostro benessere mentale passa anche attraverso la definizione e la difesa dei nostri confini. Conoscere e far rispettare i nostri limiti diviene infatti un passaggio strategico per poter essere individui autonomi. Una possibilità questa che ci consente di accrescere sia la nostra identità sia la nostra autostima. Scopriamo insieme di più.

Nella vita di tutti i giorni ci interfacciamo con molteplici interazioni: famiglia, partner, amici, colleghi. Ciascuna di queste persone è una portatrice di visioni, prospettive, pensieri e vissuti differenti. È da questo scambio continuativo che la nostra stessa esistenza oltre che la nostra percezione si arricchisce.

C’è un ma importante in tutto questo processo. Può infatti capitare di lasciare che la nostra esperienza e il nostro sguardo diventino dipendenti in tutto e per tutto dal giudizio altrui. In questo senso un elemento a cui non possiamo né dobbiamo rinunciare è collegato allo stabilire e preservare i nostri confini.

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Cosa vuol dire affermare i nostri confini

Il giudizio degli altri può ingabbiarci e limitare di molto la nostra vita quotidiana se assegniamo troppo potere alle persone esterne. Se desideriamo vivere senza alimentare frustrazione e senso di colpa dobbiamo riuscire a creare un’identità personale stabile. Perché ciò sia possibile abbiamo bisogno di individuare e proteggere i nostri confini.

Possiamo intendere questi ultimi come i paletti che fissiamo quando interagiamo con il mondo esterno e di riflesso con le persone e le loro opinioni. Nella pratica quindi stabilire i confini equivale a definire e far rispettare quei limiti che ci permettono di stare bene a livello psico-fisico ed emotivo.

In breve nei confini possiamo catalogare tutti quei comportamenti, atteggiamenti, azioni che riteniamo accettabili oppure no quando si tratta della nostra persona. È come se tracciassimo una linea netta che divide due insiemi. Da un lato abbiamo:

  • ciò che ci fa stare bene, che ci piace e troviamo opportuno,
  • ciò che non tolleriamo e che ci provoca dolore o comunque malessere.

Guardando da questa prima considerazione allora quando parliamo di confini ci colleghiamo al riconoscimento e al soddisfacimento dei nostri bisogni. Una visione questa che troviamo sul fronte opposto rispetto al ritenere gli altri con le loro richieste e opinioni più importanti di qualsiasi altro aspetto.

I benefici di mantenere confini personali sani.

Stabilire dei confini sani non vuol dire essere egoisti o peggio egoriferiti. Al contrario equivale a tutelare il nostro benessere, la nostra salute mentale e la nostra identità personale. Grazie a questo passaggio infatti abbiamo l’opportunità di lavorare sulla nostra autostima rafforzandola. Sotto questo profilo iniziamo a riconoscerci come persone degne di valore, rispetto e con bisogni validi che devono poter trovare espressione.

Ecco perché attraverso lo stabilire confini sani abbiamo la possibilità di limitare l’influenza delle altre persone sulla nostra vita. Questo ci aiuta a ritrovare e riportare equilibrio nella nostra quotidianità limitando quindi le problematiche legate alla dipendenza affettiva. Stato questo che produce anche la volontà di annullarci del tutto per piacere e compiacere le persone con cui interagiamo.

Alla lunga agire e vivere in questo modo ci porta a perdere la connessione con il nostro sé più autentico. Quando ciò avviene sperimentiamo frustrazione, depressione e apatia. Se ignoriamo i nostri confini e ci mettiamo sempre in secondo piano rispetto alle richieste, ai giudizi degli altri rischiamo infine di indebolire la nostra stessa autostima. Arriviamo così a credere di essere inadeguati e privi di valore. Una strategia essenziale è allora proprio partire dalla conoscenza di noi stessi. Chiediamoci:

  • Cosa mi piace? Cosa no?
  • Quali comportamenti accetto? Quali non tollero?
  • Quali sono i miei valori fondamentali?
  • Cosa voglio davvero?
  • Su cosa posso e voglio scendere a compromessi? Su cosa no?

Focalizzandoci su di noi, rimettendo i nostri bisogni e desideri al centro del discorso possiamo perciò stabilire quali sono i confini che riteniamo irrinunciabili.

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